VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, Bruno Reverberi: “In Italia non abbiamo una squadra WorldTour, ma neanche la Slovenia ce l’ha e ha comunque 4 o 5 campioni”
Bruno Reverberi riflette sulla situazione del ciclismo italiano. Decano di questo sport, dove è presente da più di quarant’anni con il team ora denominato VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, l’esperto manager è sicuramente tra le persone più indicate per parlare della condizione del movimento nostrano, che, soprattutto per quanto riguarda la strada a livello maschile, non vive un momento molto felice. Non solo riguardo ai risultati dei corridori, tra i quali manca un campione in grado di lottare con i big nelle grandi corse, ma anche per le difficoltà che si incontrano nell’allestire delle squadre che possano competere ad alti livelli.
“Oggi far ciclismo in Italia a livello professionistico non è facile, perché ci vogliono una valanga di soldi e c’è poca possibilità di andare a reperire corridori buoni – ha dichiarato Reverberi ai microfoni di Radiocorsa – Perché le squadre, anche a livello dilettantistico, stanno scomparendo, quei pochi buoni che ci sono vanno nelle squadre WorldTour, tante volte a fare i gregari, e a mettere insieme una squadra competitiva – adesso abbiamo l’obbligo di avere un minimo di 20 corridori, noi ne abbiamo 23 – ci vuole un budget fuori dal mondo“.
“Una squadra come la nostra costa cinque milioni di euro e tutti gli anni sono da mettere assieme, e bisogna considerare che non abbiamo neanche il diritto di correre, perché noi dobbiamo essere invitati a tutte le corse – ha proseguito il manager – Quando vai a parlare con uno sponsor, chiedono ‘Il Giro lo fate?’. L’abbiamo sempre fatto, speriamo, però non abbiamo il diritto. È difficile far ciclismo a questo modo. Difatti eravamo 16 squadre [italiane], comandavamo il mondo, ora siamo rimaste in tre, che a metterle insieme fai fatica a farne una buona“.
Da alcuni anni, quindi, la VF Group-Bardiani CSF-Faizanè ha deciso di puntare sui giovani: “Diciamo che siamo stati costretti a puntare sui giovani, ma come nostra filosofia di squadra abbiamo sempre pescato tra i giovani, abbiamo lanciato tanti campioni. Quasi tutti quelli che sono un po’ competitivi adesso sono passati da noi. Abbiamo sempre guardato ai giovani perché era anche una necessità, perché con certe cifre… Diventa difficile oggi mettere insieme quelle cifre senza poter promettere niente, perché con la squadra che facciamo noi bisogna girare il mondo per fare risultati, non è facile”.
Per Reverberi, bisogna ripartire dal basso per poter rilanciare il ciclismo italiano: “Bisogna curare la base, invece si è guardato solo all’alto. I bambini, i ragazzi, vanno fatti crescere e ci vogliono le strutture societarie. Si parla sempre di medaglie, ma poi alla fine le medaglie contano poco, conta quello che c’è dietro. Oggi ci siamo trovati che abbiamo un ciclismo dove abbiamo nove corridori nei primi 100 della classifica UCI: il primo è 19°, ma i vincenti sono pochi, ne abbiamo uno o due. Per il resto, tolto Pellizzari, quest’anno abbiamo visto pochi giovani“.
L’esperto team manager non crede che un’eventuale squadra WorldTour italiana potrebbe risolvere i problemi del movimento italiano: “Quando si dice che non abbiamo una squadra WorldTour, anche la nazione di Pogacar non ce l’ha, e ha comunque quattro o cinque campioni, non c’entra niente il WorldTour. Quando Bettiol vinse il Fiandre correva in una squadra straniera. La gente guarda chi sia il corridore italiano, non in che squadra corre”.
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